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Questo testo torna a riflettere sul modello di razionalità che ha ispirato il costituzionalismo liberale e sull'idea di laicità che a esso si richiama. Un modello che nel corso del Novecento è stato tragicamente travolto dai totalitarismi e che oggi appare nuovamente in crisi. È necessario indagare sulle cause di tale crisi - come ormai si fa da prospettive diverse ma convergenti - risalendo anche al modo, troppo meccanico e lineare, con cui quel modello di razionalità, sorto nell'ambito della rivoluzione scientifica, è stato trasferito in ambito sociale e politico, dando inizio, a sua volta, a una rivoluzione antropologica. I processi di modernizzazione costruiti su questa base hanno liberato le spinte all'autoaffermazione individuale e all'innovazione economica, ma non si sono rivelati altrettanto capaci di garantire una convivenza equilibrata e inclusiva. Si tratta di prendere atto che tali limiti, non contingenti ma strutturali, favoriscono il sorgere periodico di derive illiberali che tornano a mettere in discussione lo Stato di diritto e le sue irrinunciabili libertà; derive e regressioni che non possono essere arginate facendo ricorso soltanto alle risorse cognitive e morali messe a disposizione dal modello antropologico e politico liberale. Parte essenziale di questo lavoro è un confronto critico con alcuni autori - Löwith, Habermas, Fukuyama, de Giovanni, Butler - che sui limiti del liberalismo classico si sono interrogati, ispirandosi variamente al pensiero politico hegeliano.